lunedì 10 settembre 2012

"E SE INVECE SEI TU, ALDO GRASSO, UN CIARLATANO PATENTATO?"



Marra risponde (come merita) ad Aldo Grasso, che (per incarico di chissà chi) lo attacca dalle pagine del Corriere della Sera.

Mentre tu ti chiedi, caro Grasso, se sono un ciarlatano patentato o un genio misconosciuto, io non ho invece dubbi che tu sia solo un piccolo, incolto sciacalletto di regime. 
In dettaglio, sei un critico di un tal livello che, dopo due anni trascorsi a girare intorno alle mie opere, giungi ora, verso me che, a tuo dire, potrei anche essere un genio, a rubare spazio sulla prima pagina del massimo giornale italiano per sforzarti di denigrarmi nel mentre però ostenti di non conoscere il contenuto dei miei scritti, e banalizzando inoltre argomenti come il signoraggio e lo strategismo sentimentale, che, per tua norma e regola, è proprio vero che, come vado ripetendo da tempo, è la principale chiave di lettura del comportamento, e la principale causa del malessere della società moderna. 
Che farai ora? Ti precipiterai a scrivere che hai letto i miei libri e anche nel merito sono pessimi? È tardi: avresti dovuto farlo prima: ora non saresti credibile! Potresti solo, al limite, chiedere la cortesia di farlo a qualcun altro della tua genia, ma dovresti prima assicurarti che io non sia davvero un genio, perché tutto quello che si fa contro un genio torna sempre in suo favore.

Oltretutto, è così tanto tempo che si cerca di fermarmi con ogni mezzo (compreso un attacco giudiziario spropositato finito, pensa un po’, malissimo per la magistratura), che forse, se non ci si riesce, una ragione c’è.
Vedi, se acquisirò un maggiore potere, io, contro quelli come te, non farò nulla, salvo una cosa. Mi batterò cioè perché la società comprenda che la libertà di espressione pubblica, a differenza di quella privata (quella, per intenderci, che si esercita parlando con la propria moglie o al bar), deve tener conto del diritto della collettività a non vedersi rubare il tempo dagli stolti, sicché compete solo nei limiti dall’avere da dire cose nuove, fondate e rilevanti. Una proposta che ho fatto nel 1994, quando ero deputato al Parlamento europeo, e si stava discutendo della durata massima degli interventi, che io proponevo fosse illimitata, ma alla predetta condizione. 
Un principio morale, culturale, che, se fosse passato, avrebbe in breve causato che nemmeno uno di quelli che scrivono al tuo livello si sarebbe più visto offrire lavoro da chicchessia, e soprattutto che la società umana, a quest’ora, non stesse al punto in cui sta.


9.9.2012, Alfonso Luigi Marra»


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