sabato 11 maggio 2013

LO STRANO RIFLESSO PAVLOVIANO CHE OBNUBILA MICHELE SANTORO








Di solito guardo controvoglia i diversi talk-show che stancamente invadono le case degli italiani. Tutti invocano il rinnovamento in politica ma, stranamente, in pochi chiedono uguale trattamento per il mondo dell’informazione. Dove sta scritto che le principali trasmissioni di approfondimento debbano sempre essere condotte dagli stessi personaggi? Vespa, Gruber, Floris, Santoro e Annunziata costituiscono una casta non meno dannosa di quella denunciata nel famoso ( e sopravvalutato) libro di Stella e Rizzo. 
Non è poi sempre facile distinguere con chiarezza il mondo della politica da quello della comunicazione. In Italia l’oligarchia dominante, a prescindere dal mestiere effettivamente svolto dai singoli, tende a costruire un sistema di vasi comunicanti che garantisce le èlite sempre e comunque. Da Santoro a Ferrara, da Lilli Gruber ad Antonio Polito, non sono pochi i giornalisti che saltellano con allegria fra i banchi del parlamento (italiano o europeo) e le redazioni dei giornali (cartacei o televisivi). Una usanza tutta italiana dove, essendo la società stratificata in maniera rigida e gerarchica, nessuno si scandalizza di nulla. Il “Vippe” è “Vippe” dovunque ce lo metti. Lo sfacelo italiano è ascrivibile alla malafede o all’insipienza del sistema nel suo insieme. Non sarebbe giusto puntare il dito contro la vecchia classe politica, risparmiando però al contempo quel sistema informativo che per anni ha fatto, per pavidità, interesse o calcolo, la guardia al bidone. Santoro, nonostante evidentemente disconosca molti argomenti che temerariamente affronta, ha spesso regalato pagine di buone televisione, sviscerando spesso con rara capacità alcuni ambigui rapporti che legano il mondo della mafia a quello della politica. 
Guadagnatosi sul campo i galloni affascinanti del resistente, anche sulla scia dell’indegno editto bulgaro con il quale Berlusconi decise nel 2002 di mandarlo forzatamente a riposo insieme a Biagi e Luttazzi, Santoro ha poi vissuto perlopiù cullandosi sul prestigio acquisito. Chi volesse capire qualcosa in più rispetto alla terribile crisi che siamo vivendo (per molti già peggiore di quella del 1929), seguendo la trasmissione Servizio Pubblico finirebbe per andare incontro a sicura frustrazione. Ma c’è di peggio: se anche qualcuno degli ospiti in studio dovesse improvvisamente condurre di sua spontanea volontà il dibattito intorno alle questioni veramente dirimenti che condannano l’Europa ad un declino assurdo quanto inesorabile, tale improvvido oratore, statene pur certi, si ritroverebbe immediatamente deriso e tacitato dal nerboruto Santoro pronto a difendere l’intangibilità dell’adorato dogma neoliberista. 
Qualche esempio? Alcune settimane orsono il prof. Becchi, pittoresco e simpatico pensatore spesso ospitato sul blog di Grillo, si permise di dire che senza ridiscutere i trattati europei l’Italia non avrebbe avuto nessuno strumento serio per uscire dalla crisi (clicca per leggere),guadagnandosi per così poco il disprezzo di Santoro. Solo un caso sfortunato? Difficile, considerato che nella puntata di ieri a Santoro è partito, con Vendola al posto di Becchi, lo stesso riflesso condizionato. Il governatore della Puglia, migliorato anni luce dopo avere deciso di abbandonare le cattive frequentazioni di area Pd, si dimostrava particolarmente in forma. Forse ispirato dalla presenza in studio di un personaggio improbabile come Michele Boldrin che, giocoforza, fa sembrare migliore chiunque parli dopo di lui, Vendola ha svolto una analisi lucida e condivisibile, spingendosi fino a chiedere chiaramente il ritorno di una politica ispirata dalla riscoperta del pensiero economico del grande Keynes. Solo al sentire il nome del compianto economista inglese, però, Santoro è scattato come una molla togliendo la parola a Vendola manco avesse proposto Berlusconi preside di una scuola liceale di sole donne. A questo punto sarebbe il caso di chiedersi: a che gioco gioca (sgraziatamente) l’eroe Santoro? Magari il tempo ci darà qualche risposta. Infine, per la cronaca, nella puntata di ieri gli ospiti hanno affrontato anche il tema scuola. 
Uscito di scena Giannino, oramai più credibile nella vesti di attore di un possibile remake del film di Pieraccioni I Laureati, è spuntato fuori Michele Boldrin, professore di economia che passa probabilmente gran parte del suo tempo nelle grotte di Tora Bora, al confine tra Pakistan e Afghanistan. Boldrin infatti continua a recitare il solito stantio copione neoliberista che ha già ridotto l’Europa in cenere. E’ sicuro, la colpa della crisi è del debito pubblico e degli sprechi. Una tesi credibile quanto i titoli accademici di Giannino che, tra l’altro, in tv si rivelava molto più efficace del suo fastidioso alter ego biondino. 
Un motivo in più per convincersi del fatto che, in Italia, la scuola non funziona per davvero.
Francesco Maria Toscano

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