sabato 5 ottobre 2013

COSA DOPO BERLUSCONI E DOPO MONTI? CERTO, NON LORO. RICORDANO MUSSOLINI E BADOGLIO. SERVE IL NUOVO.



Al mio post del 31 gennaio , il sig Cavallaretto1 mi ha scritto in un commento una assennata considerazione che merita una risposta più ampia di quanto non abbia fatto nella risposta diretta, forzatamente succinta.

Egli si e’ detto contrario alle dimissioni del governo Monti perché ritiene che io parteggi per un ritorno di Berlusconi e perché i ministri dell’attuale governo lavorano seriamente.
Non mi e’ mai passata per la testa di vedere Berlusconi a palazzo Chigi e tutti i miei post lo testimoniano.
La ragione per cui Monti deve dare le dimissioni – ci ho aggiunto anche quelle del presidente Napolitano – e’ che ha impostato una strategia , condivisibile, ma ha fallito.


In democrazia chi fallisce cede il posto ad altri. Certo, non a chi ha fallito prima di lui.

Del Presidente della Repubblica, parleremo in un altro post.

Esiste il pericolo di un ” vuoto politico” , evitiamolo, dice qualcuno. Rispondo che il vuoto politico c’e da quasi diciotto anni, anche se lo abbiamo chiamato ” seconda repubblica” .

In realtà si e’ trattato dei tempi supplementari della prima , giocati dai “panchinari” e si e’ visto.
Esistono due precedenti di catastrofi nazionali da cui trarre ammaestramenti ed sono, una in campo militare ( che Clausewitz apparentava al commercio internazionale) e l’altra, sia politica che militare: sono rispettivamente la rotta di Caporetto e la sconfitta nel secondo conflitto mondiale.

CAPORETTO
Tutto parve perduto. Alcuni soldati dirottarono persino treni verso la natia Sicilia, un comandante di reggimento dichiaro’ perduta la cassa nell’attraversamento del Piave ( fu arrestato nel 1928 mentre cercava di cambiare il primo biglietto da cento lire); i carabinieri fucilarono quanti fu necessario fucilarne e finalmente la classe dirigente reagì .

Antefatto.
Intanto, non si tratto’ di una sconfitta sul campo di battaglia, ma di un brillante capitano tedesco di cui si sentirà poi parlare, Erwin Rommel, che, in perlustrazione, si accorse che la Conca di Caporetto – al confine tra due zone di competenza di due diversi corpi d’Armata – era sguarnita. Averti’ il comando e si spinse avanti con il suo reparto.
Il comando austro-ungarico gli credette , invio sempre più truppe e l’esercito impreparato ad una ritirata immediata per non farsi prendere alle spalle, trasformo’ il movimento in una rotta.


La reazione.
La classe dirigente dell’epoca, seppe pero’ reagire identificando in Cadorna il capro espiatorio ( su cui Carlo Cadorna sta scrivendo con nuovi documenti all’appoggio che forse vorrà anticiparci ) , nel napoletano Diaz – rappresentativo , per ius soli , della maggioranza della truppa – Il nuovo comandante; nel siciliano Vittorio Emanuele Orlando ( i manifesti delle sue campagne elettorali dicevano testualmente ” votate l’amico degli amici”) il nuovo primo ministro; cambiati i criteri di gestione della truppa e della guerra; non più appalto della élite militare piemontese, i rapporti furono improntati alla partecipazione di tutti , all’esempio dei capi ( ” il re soldato”); la propaganda fu affidata a D’Annunzio, nacque anche la Canzone del Piave ( noi italiani facciamo tutto meglio a suon di musica) e i reparti degli ” arditi”.


La conseguenza fu che un anno dopo – il 4 novembre – il fronte austro-ungarico crollo’ e solo una settimana dopo – per conseguenza diretta – il fronte francese. La guerra fu vinta.
Nel nostro caso di oggi, si e’ fatto il contrario. Si e’ ristretta la élite a una coschetta di prof di università private e confessionali, la comunicazione ha aspetti demenziali ( ” il lavoro fisso che noia” , andrà sui libri di storia accanto alle brioches di Maria Antonietta) , si e’ posto l’accento sulla austerità ” alla Quintino Sella” , ma il Quirinale ha risparmiato il quattro per mille del bilancio che aveva e soprattutto non si e’ fucilato nessuno, nemmeno figurativamente. Sui furti taccio, ci pensa il triste ritmo delle cronache quotidiane.

IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE
Prima di ammettere la sconfitta, aspettammo di perdere la Somalia, la Somalia britannica conquistata, il sud Sudan con Kassala, l’Eritrea, l’Etiopia, la parte conquistata ( da Erwin Rommel) dell’Egitto, la Libia, la Tunisia e la Sicilia.

Si scelse la via elitaria del colpo di Stato e per la ricerca della continuità che scongiurasse il “vuoto politico”, si scelse un esponente del regime che assicuro’ che ” la guerra continua” , la Radio cito’ ” il cavalier Benito Mussolini” e si imposto’ un doppio gioco alla ricerca della capra e dei cavoli.

Il paese si spacco’, risultammo ” a Dio spiacente e alli inimici sui”, nessuno ci fece gli sconti promessi, ed avemmo due interi anni di vuoto politico, economico, militare e sopratutto morale.
Il seme della secessione e dell’odio che ancora corrode la concordia nazionale, fu piantato in quegli anni.
Poi quando arrivarono una selva di ” sconosciuti” , invece del vuoto politico paventato dai marpioni dell’epoca, avemmo Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi, Menichella, Sforza, Pacciardi, Merzagora, , Mattei, Valletta, Carli, che presero in carico un paese in macerie e – col buon governo e l’aiuto internazionale – ricostruirono tutto, cominciando dall’architettura dello Stato.


Oggi possiamo ripartire da basi meno disastrate economicamente e da terribili macerie morali, con un capitale umano peggiore.
A chi mi dice di temere il vuoto politico, vorrei regalare una maglietta di mio figlio che dice ” quel che per il bruco e’ la fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”.
Serve un governo senza vermi. Nel post di domani vedremo cosa fare e con chi.

Antonio de Martini

( primo di due post sul futuro prossimo)

FONTE: Corrieredellacollera.com/2012/02/03/cosa-dopo-berlusconi-e-dopo-monti-certo-non-loro-ricordano-mussolini-e-badoglio-serve-il-nuovo-di-antonio-de-martini-primo-di-due-post-sul-futuro-prossimo/

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